La mistica
Schema sintetico del pensiero ascetico-mistico
di p. Garrigou-Lagrange
Opere principali di riferimento:
- Perfection chrétienne selon St. Thomas et St. Jean de la Croix
- L'amour de Dieu et la croix de Jésus
- La providence et la confiance en Dieu: fidélité et abandon
- Le trois conversions et les trois voies
- Le trois âges de la vie intérieure
- L'eternelle vie et la profondeur de l'âme
- De sanctificatione sacerdotis secundum nostri temporis exigentias
- De unione sacerdotis cum Christo sacerdote et victima
Garrigou-Lagrange è un rappresentante di spicco della tradizione tomistica nella linea e, se possiamo osare, nella progenie dei grandi commentatori domenicani: il Gaetano, Bañez, Giovanni di san Tommaso, verso il quale professa un'evidente preferenza, e dei carmelitani di Salamanca. Fu costante e risoluto avversario dell'eclettismo suareziano e, soprattutto, del molinismo. Egli lo considera come concepito per risolvere un problema certamente importante, ma particolare, come poco coerente con i più alti principi della metafisica e della teologia speculativa che non sarebbe in alcun caso sacrificata o compromessa senza grande danno.
Le sue posizioni tomistiche fondamentali lo equipaggiano per rifiutare l'agnosticismo e il modernismo, per difendere con vigore ed efficacia la distinzione dell'ordine naturale e dell'ordine soprannaturale, la possibilità della rivelazione, tutte le grandi verità rivelate, senza mai perdere di vista il senso del mistero che pone sempre in alto onore e si sforza di sviluppare nei suoi lettori e ascoltatori.
Nel 1957 Pio XII dichiara: «Noi abbiamo spesso avuto la prova del talento e dello zelo con i quali, attraverso la parola e gli scritti, avete difeso e salvaguardato l'integrità del dogma».
Focalizziamo qui il suo ruolo nella rinascita degli studi mistici e le sue posizioni.
1.1. Come Il senso comune conteneva già più che in germe la sua dottrina metafisica e la sua teologia dogmatica, la sua prima opera di spiritualità, Perfezione cristiana e contemplazione, stabilisce in modo solido la dottrina che sosterrà sempre e che le sue opere successive svilupperanno e difenderanno senza vacillare, in se stessa e nei suoi annessi e connessi.
Egli s'impegna nella via aperta, ad esempio, in Francia da Auguste Saudreau e soprattutto, in Spagna, dal suo confratello J. G. Arintero che fu per un certo periodo suo collega all'Angelicum. Egli reagisce fortemente contro le tendenze rappresentate specialmente da A. Farges, sostenitore convinto della netta separazione tra l'ascetica e la mistica, tra le vie “comuni” o ordinarie e le vie straordinarie, intese come comprendenti non solo i fenomeni singolari che talvolta accompagnano la contemplazione infusa o che si presentano senza di essa, ma la contemplazione infusa stessa, le orazioni passive. Per risolvere il problema mistico attuale, egli pensa, il metodo descrittivo, per quanto sia utile e necessario, per quanto fosse stato ben utilizzato da A. Poulain in Les grâces d'oraison (1901), non è sufficiente.
Bisogna spiegare le realtà teologiche attraverso i principi a loro propri. Le dottrine fondamentali di san Tommaso sulla soprannaturalità quoad substantiam della fede, fondata a lungo con il De Revelatione, e delle virtù teologali, l'esistenza delle virtù morali soprannaturali, specificatamente distinte dalle virtù naturale con lo stesso nome, l'efficacia ab estrinseco della grazia, sono in armonia e coerenza perfetta con i più alti insegnamenti dei mistici ortodossi e dei grandi maestri spirituali e ne rendono conto meglio speculativamente. In ragione dell'eminenza della vita soprannaturale e delle ferite della natura umana dovute al peccato originale e alle sue conseguenze, le purificazioni passive, incontestabilmente di ordine mistico, si impongono sotto l'una o l'altra forma per accedere alla santità. Ne consegue dalla formulazione stessa del primo precetto dell'amore di Dio che esso obbliga ciascuno senza misura, secondo la propria condizione e vocazione, a non essere altro hic et nunc che perfetto, o quantomeno a tendere alla perfezione come a un fine da raggiungere. La contemplazione infusa, persino ai suoi gradi più sublimi, non è riducibile a una conoscenza naturale al modo degli angeli per mezzo di specie o idee infuse, ma è l'opera della fede illuminata dai doni intellettuali di scienza, d'intelletto e soprattutto di sapienza.
Alla perfezione, alla vita mistica, sono tutti chiamati almeno per una chiamata generale e remota, se non per una chiamata speciale e prossima, che presuppone evidentemente un insieme di condizioni di difficile realizzazione e che ogni sorta di circostanza può ostacolare o distruggere.
La vita mistica, soprattutto ai suoi gradi più alti, è certamente cosa rara, ma non, per natura e di diritto, “straordinaria”. Essa è nella linea normale della perfezione cristiana. La grazia delle virtù e dei doni vi tende per sé. È a torto che, per mantenere una frattura artificiale tra la via ascetica o ordinaria e la via mistica, pretesa “straordinaria”, ci si sforza di distinguere, e di trovare affermati in san Tommaso, due diversi modi di azione dei doni dello Spirito Santo: l'uno umano come quello delle virtù, l'altro sovrumano. I doni suppliscono all'insufficienza congenita delle virtù che, anche se soprannaturali e infuse, persino teologali, sono sempre per se stesse principi d'azione nel semplice modo umano.
La modalità sovrumana dei doni, armonizzati alla loro regola superiore, li rende unicamente specifici. Salvo per certi dettagli molto secondari concernenti tale o talaltro dono, san Tommaso non ha cambiato opinione o abbandonato l'idea che si è fatto all'inizio. Questa dottrina tomistica dei doni rende conto al meglio della mistica di san Giovanni della Croce, che parla poco esplicitamente dei doni in se stessi, ma descrive alla perfezione ciò che Dio opera nell'anima ponendoli in azione. Le mozioni dei doni seguono e producono da diversi punti di vista il progresso spirituale. In principio molto rare e poco discernibili, esse divengono normalmente più frequenti e più manifeste agli occhi di un direttore esperto; allora, presso gli uni si constata piuttosto la messa in opera dei doni dell'azione, presso gli altri piuttosto quella dei doni di contemplazione. Queste mozioni sono delle grazie operanti per eccellenza, sotto le quali l'anima docile è particolarmente passiva; è quanto fa dire, ed è vero a livello descrittivo: è Dio che fa tutto, Lui solo. Ma esse determinano una reazione vitale, libera, se non anche deliberata, e l'uomo è veramente l'autore, nel proprio piano, dell'atto perfetto al quale Dio così lo muove, con tanta soavità quanta forza. Secondo l'insegnamento dei santi, la limitazione delle grazie e del progresso spirituale non proviene da un rifiuto di Dio di elevare a una maggior intimità con Lui, ma piuttosto da una sorta di fuga dell'anima davanti ai sacrifici, alle rinunce e alle spogliazioni necessarie per purificarla e elevarla più in alto. Si devono intendere così, secondo il nostro autore - forse un po' avvezzo a interpretarli e a ridurli - particolarmente i testi di san Giovanni della Croce. Egli non è dunque presuntuoso nell'aspirare alla vita mistica sotto una forma o sotto un'altra e di disporsi a essa con l'aiuto della grazia comune. Normalmente faranno seguito grazie più elevate.
Ma sarebbe temerario e presuntuoso desiderare i carismi che Dio dona non esclusivamente, ma principalmente, per l'utilità altrui: visioni e rivelazioni particolari, estasi e ogni fenomeno eclatante, che talvolta accompagnano l'alta santità senza essere mai assolutamente necessari alla sua fioritura. L'anima che ne è favorita deve diffidare di essi, come le persone a lei vicine guardarsi dal farci troppo caso, poiché è facile mescolare del proprio a ciò che proviene da Dio, e il demonio è abile a scimmiottare, per imbrogliare e sedurre, il preternaturale divino. Per evitare ogni illusione, è importante osservare relativamente a questi favori le severe ammonizioni di san Giovanni della Croce, di ricordarsi che nient'altro che la pura fede è il mezzo adatto e proporzionato di unione intima con Dio e di inoltro alla parità di amore.
1.2. Con L'amore di Dio e la Croce di Gesù, l'autore domanda a san Tommaso i principi teologici dell'ontologia della grazia, delle virtù e dei doni, e al Dottore Mistico la profonda spiegazione del dinamismo di questa grazia e dei principi operativi che sbocciano nelle potenze. La concezione tomistica dell'amore di carità permette di risolvere le rimanenti difficoltà delle diverse concezioni precedenti, specialmente di Vitoria e di san Bernardo. È soprattutto in quest'opera che bisogna cercare gli sviluppi sul posto della croce nella vita del cristiano, come nel compimento da parte di Gesù del mistero redentore. L'autore sviluppa le ragioni d'essere della mortificazione attiva e delle prove o notti passive dei sensi e dello spirito. L'influenza de La Croix de Jésus di Louis Chardon è qui abbastanza tangibile benché non sia determinante. La nozione di abbandono a Dio nella confidenza filiale come conseguenza dell'attributo divino di provvidenza è illustrata in Providence et confiance en Dieu (come anche in Le divine perfezioni, estratto di Dieu, son existence et sa nature). In questo testo G-L è particolarmente in debito con J.-P. de Caussade, maestro dell'abbandono.
Il Salvatore e il suo amore per noi adegua parallelamente alle anime interiori il trattato teologico dell'Incarnazione redentrice sviluppando le meraviglie dell'amore di Cristo e del Sacramento dell'Eucaristia. La prédestination des saints et la grâce compie lo stesso procedimento per quanto concerne il mistero che riguarda meno lo scrutare che l'adorare nella certezza della fede che la nostra salvezza è più sicura nelle mani di Dio che nelle nostre.
1.3. Tutta la dottrina delle precedenti opere si ritrova, con diversi complementi sulle grandi devozioni cattoliche, in Le tre età della vita interiore, una sorta di somma teologica spirituale nella quale questa vita interiore, considerata innanzitutto in generale e nelle sue fonti, viene successivamente studiata nelle sue fasi, classicamente distinte a partire dallo pseudo-Dionigi in purificativa, illuminativa e unitiva, e che egli identifica rispettivamente, non senza una certa tendenza concordista, a quelle degli incipienti, dei proficienti e dei perfetti; la vita spirituale si orienta pertanto progressivamente verso la visione beatifica ove, nelle sue vette, appare come la normale pienezza e l'anticipazione.
1.4. La Santa Vergine, alla quale G-L dedica tutti i suoi libri, non è mai assente. Discepolo di san Louis-Marie Grignion de Montfort, del quale amava commentare il Trattato della vera devozione e il Segreto di Maria, egli sa bene che non si può esporre, quale è nell'eterno disegno del Padre e nella sua realizzazione nella pienezza dei tempi, il mistero del Salvatore senza riconoscere a sua Madre il posto che Dio le ha assegnato.
Mantenendo costante nella sua vita di teologo una sorta di analogia tra le fasi della sua devozione mariana e le tre età della vita spirituale, egli intitola un suo libro alla Madonna: La Madre del Salvatore e la nostra vita interiore. In esso considera Maria nella sua maternità divina, ragion d'essere di tutte le sue altre prerogative, nella pienezza di grazia: all'inizio, al momento dell'Incarnazione, alla fine della sua vita terrena, come Madre celeste di tutti gli uomini, Mediatrice universale presso il Mediatore, Regina di misericordia. In questa luce sono spiegate la consacrazione a Maria, l'unione mistica con Lei, la consacrazione del genere umano al suo Cuore Immacolato.
1.5. Soltanto Dio visto faccia a faccia può colmare le profondità dell'anima che ha creato capace di Lui. G-L aveva scritto troppo sulla vita della grazia come pienezza della vita eterna per non completare il suo insegnamento con uno studio della vita gloriosa. L'altra vita e la profondità dell'anima evoca in primo luogo questa profondità che rende l'anima capace di Dio, poi la morte e il giudizio, l'Inferno o l'eterna perdizione per sempre, il Purgatorio o la vita eterna ardentemente desiderata, e infine il Cielo, pienezza di Vita.
1.6. I trattati in lingua latina per i sacerdoti espongono in modalità molto tradizionale la spiritualità sacerdotale e la mettono in guarda contro i pericoli attuali, tanto più gravi quanto più ci si rifiuta di riconoscerli come tali. Per lui, la percezione delle esigenze dei nostri tempi non debbono far misconoscere le esigenze perenni.
G-L non ha altro che meditato l'assoluta gratuità della grazia. Il grande pensiero di sant'Agostino, che il Concilio di Trento fa proprio: «Nam Deus impossibilia non jubet, sed jubendo monet, et facere quod possis, et petere quod non possis» (De natura et gratia 43,50), «et adjuvat ut possis» (sess. 6, De justificatione, cap. 11), fu il suo Leitmotiv. Egli rinviene nella contemplazione di queste somme verità la realizzazione e la confidenza che non saprebbero scaturire dalla sola speculazione teologica. La sua dottrina è chiara e ampia, il suo linguaggio semplice e poco smanioso di finezze letterarie; egli aveva il dono di mettere a disposizione degli spiriti la dottrina spirituale alla quale si rifà. G-L fu più preoccupato di una visione d'insieme e di sintesi che dell'erudizione storica o esegetica, come pure delle edizioni critiche; fu meno attento alle sfumature di pensiero che premurato di riconoscere e proclamare, talvolta un po' frettolosamente, la loro concordanza. Egli ha grandemente contribuito alla rinascita della teologia spirituale; il suo nome viene associato a quello del carmelitano scalzo Gabriel de Sainte-Marie-Madeleine († 1953) e del gesuita Joseph de Guibert († 1942) che hanno vissuto preoccupati degli stessi problemi spirituali.
- Perfection chrétienne selon St. Thomas et St. Jean de la Croix
- L'amour de Dieu et la croix de Jésus
- La providence et la confiance en Dieu: fidélité et abandon
- Le trois conversions et les trois voies
- Le trois âges de la vie intérieure
- L'eternelle vie et la profondeur de l'âme
- De sanctificatione sacerdotis secundum nostri temporis exigentias
- De unione sacerdotis cum Christo sacerdote et victima
Garrigou-Lagrange è un rappresentante di spicco della tradizione tomistica nella linea e, se possiamo osare, nella progenie dei grandi commentatori domenicani: il Gaetano, Bañez, Giovanni di san Tommaso, verso il quale professa un'evidente preferenza, e dei carmelitani di Salamanca. Fu costante e risoluto avversario dell'eclettismo suareziano e, soprattutto, del molinismo. Egli lo considera come concepito per risolvere un problema certamente importante, ma particolare, come poco coerente con i più alti principi della metafisica e della teologia speculativa che non sarebbe in alcun caso sacrificata o compromessa senza grande danno.
Le sue posizioni tomistiche fondamentali lo equipaggiano per rifiutare l'agnosticismo e il modernismo, per difendere con vigore ed efficacia la distinzione dell'ordine naturale e dell'ordine soprannaturale, la possibilità della rivelazione, tutte le grandi verità rivelate, senza mai perdere di vista il senso del mistero che pone sempre in alto onore e si sforza di sviluppare nei suoi lettori e ascoltatori.
Nel 1957 Pio XII dichiara: «Noi abbiamo spesso avuto la prova del talento e dello zelo con i quali, attraverso la parola e gli scritti, avete difeso e salvaguardato l'integrità del dogma».
Focalizziamo qui il suo ruolo nella rinascita degli studi mistici e le sue posizioni.
1.1. Come Il senso comune conteneva già più che in germe la sua dottrina metafisica e la sua teologia dogmatica, la sua prima opera di spiritualità, Perfezione cristiana e contemplazione, stabilisce in modo solido la dottrina che sosterrà sempre e che le sue opere successive svilupperanno e difenderanno senza vacillare, in se stessa e nei suoi annessi e connessi.
Egli s'impegna nella via aperta, ad esempio, in Francia da Auguste Saudreau e soprattutto, in Spagna, dal suo confratello J. G. Arintero che fu per un certo periodo suo collega all'Angelicum. Egli reagisce fortemente contro le tendenze rappresentate specialmente da A. Farges, sostenitore convinto della netta separazione tra l'ascetica e la mistica, tra le vie “comuni” o ordinarie e le vie straordinarie, intese come comprendenti non solo i fenomeni singolari che talvolta accompagnano la contemplazione infusa o che si presentano senza di essa, ma la contemplazione infusa stessa, le orazioni passive. Per risolvere il problema mistico attuale, egli pensa, il metodo descrittivo, per quanto sia utile e necessario, per quanto fosse stato ben utilizzato da A. Poulain in Les grâces d'oraison (1901), non è sufficiente.
Bisogna spiegare le realtà teologiche attraverso i principi a loro propri. Le dottrine fondamentali di san Tommaso sulla soprannaturalità quoad substantiam della fede, fondata a lungo con il De Revelatione, e delle virtù teologali, l'esistenza delle virtù morali soprannaturali, specificatamente distinte dalle virtù naturale con lo stesso nome, l'efficacia ab estrinseco della grazia, sono in armonia e coerenza perfetta con i più alti insegnamenti dei mistici ortodossi e dei grandi maestri spirituali e ne rendono conto meglio speculativamente. In ragione dell'eminenza della vita soprannaturale e delle ferite della natura umana dovute al peccato originale e alle sue conseguenze, le purificazioni passive, incontestabilmente di ordine mistico, si impongono sotto l'una o l'altra forma per accedere alla santità. Ne consegue dalla formulazione stessa del primo precetto dell'amore di Dio che esso obbliga ciascuno senza misura, secondo la propria condizione e vocazione, a non essere altro hic et nunc che perfetto, o quantomeno a tendere alla perfezione come a un fine da raggiungere. La contemplazione infusa, persino ai suoi gradi più sublimi, non è riducibile a una conoscenza naturale al modo degli angeli per mezzo di specie o idee infuse, ma è l'opera della fede illuminata dai doni intellettuali di scienza, d'intelletto e soprattutto di sapienza.
Alla perfezione, alla vita mistica, sono tutti chiamati almeno per una chiamata generale e remota, se non per una chiamata speciale e prossima, che presuppone evidentemente un insieme di condizioni di difficile realizzazione e che ogni sorta di circostanza può ostacolare o distruggere.
La vita mistica, soprattutto ai suoi gradi più alti, è certamente cosa rara, ma non, per natura e di diritto, “straordinaria”. Essa è nella linea normale della perfezione cristiana. La grazia delle virtù e dei doni vi tende per sé. È a torto che, per mantenere una frattura artificiale tra la via ascetica o ordinaria e la via mistica, pretesa “straordinaria”, ci si sforza di distinguere, e di trovare affermati in san Tommaso, due diversi modi di azione dei doni dello Spirito Santo: l'uno umano come quello delle virtù, l'altro sovrumano. I doni suppliscono all'insufficienza congenita delle virtù che, anche se soprannaturali e infuse, persino teologali, sono sempre per se stesse principi d'azione nel semplice modo umano.
La modalità sovrumana dei doni, armonizzati alla loro regola superiore, li rende unicamente specifici. Salvo per certi dettagli molto secondari concernenti tale o talaltro dono, san Tommaso non ha cambiato opinione o abbandonato l'idea che si è fatto all'inizio. Questa dottrina tomistica dei doni rende conto al meglio della mistica di san Giovanni della Croce, che parla poco esplicitamente dei doni in se stessi, ma descrive alla perfezione ciò che Dio opera nell'anima ponendoli in azione. Le mozioni dei doni seguono e producono da diversi punti di vista il progresso spirituale. In principio molto rare e poco discernibili, esse divengono normalmente più frequenti e più manifeste agli occhi di un direttore esperto; allora, presso gli uni si constata piuttosto la messa in opera dei doni dell'azione, presso gli altri piuttosto quella dei doni di contemplazione. Queste mozioni sono delle grazie operanti per eccellenza, sotto le quali l'anima docile è particolarmente passiva; è quanto fa dire, ed è vero a livello descrittivo: è Dio che fa tutto, Lui solo. Ma esse determinano una reazione vitale, libera, se non anche deliberata, e l'uomo è veramente l'autore, nel proprio piano, dell'atto perfetto al quale Dio così lo muove, con tanta soavità quanta forza. Secondo l'insegnamento dei santi, la limitazione delle grazie e del progresso spirituale non proviene da un rifiuto di Dio di elevare a una maggior intimità con Lui, ma piuttosto da una sorta di fuga dell'anima davanti ai sacrifici, alle rinunce e alle spogliazioni necessarie per purificarla e elevarla più in alto. Si devono intendere così, secondo il nostro autore - forse un po' avvezzo a interpretarli e a ridurli - particolarmente i testi di san Giovanni della Croce. Egli non è dunque presuntuoso nell'aspirare alla vita mistica sotto una forma o sotto un'altra e di disporsi a essa con l'aiuto della grazia comune. Normalmente faranno seguito grazie più elevate.
Ma sarebbe temerario e presuntuoso desiderare i carismi che Dio dona non esclusivamente, ma principalmente, per l'utilità altrui: visioni e rivelazioni particolari, estasi e ogni fenomeno eclatante, che talvolta accompagnano l'alta santità senza essere mai assolutamente necessari alla sua fioritura. L'anima che ne è favorita deve diffidare di essi, come le persone a lei vicine guardarsi dal farci troppo caso, poiché è facile mescolare del proprio a ciò che proviene da Dio, e il demonio è abile a scimmiottare, per imbrogliare e sedurre, il preternaturale divino. Per evitare ogni illusione, è importante osservare relativamente a questi favori le severe ammonizioni di san Giovanni della Croce, di ricordarsi che nient'altro che la pura fede è il mezzo adatto e proporzionato di unione intima con Dio e di inoltro alla parità di amore.
1.2. Con L'amore di Dio e la Croce di Gesù, l'autore domanda a san Tommaso i principi teologici dell'ontologia della grazia, delle virtù e dei doni, e al Dottore Mistico la profonda spiegazione del dinamismo di questa grazia e dei principi operativi che sbocciano nelle potenze. La concezione tomistica dell'amore di carità permette di risolvere le rimanenti difficoltà delle diverse concezioni precedenti, specialmente di Vitoria e di san Bernardo. È soprattutto in quest'opera che bisogna cercare gli sviluppi sul posto della croce nella vita del cristiano, come nel compimento da parte di Gesù del mistero redentore. L'autore sviluppa le ragioni d'essere della mortificazione attiva e delle prove o notti passive dei sensi e dello spirito. L'influenza de La Croix de Jésus di Louis Chardon è qui abbastanza tangibile benché non sia determinante. La nozione di abbandono a Dio nella confidenza filiale come conseguenza dell'attributo divino di provvidenza è illustrata in Providence et confiance en Dieu (come anche in Le divine perfezioni, estratto di Dieu, son existence et sa nature). In questo testo G-L è particolarmente in debito con J.-P. de Caussade, maestro dell'abbandono.
Il Salvatore e il suo amore per noi adegua parallelamente alle anime interiori il trattato teologico dell'Incarnazione redentrice sviluppando le meraviglie dell'amore di Cristo e del Sacramento dell'Eucaristia. La prédestination des saints et la grâce compie lo stesso procedimento per quanto concerne il mistero che riguarda meno lo scrutare che l'adorare nella certezza della fede che la nostra salvezza è più sicura nelle mani di Dio che nelle nostre.
1.3. Tutta la dottrina delle precedenti opere si ritrova, con diversi complementi sulle grandi devozioni cattoliche, in Le tre età della vita interiore, una sorta di somma teologica spirituale nella quale questa vita interiore, considerata innanzitutto in generale e nelle sue fonti, viene successivamente studiata nelle sue fasi, classicamente distinte a partire dallo pseudo-Dionigi in purificativa, illuminativa e unitiva, e che egli identifica rispettivamente, non senza una certa tendenza concordista, a quelle degli incipienti, dei proficienti e dei perfetti; la vita spirituale si orienta pertanto progressivamente verso la visione beatifica ove, nelle sue vette, appare come la normale pienezza e l'anticipazione.
1.4. La Santa Vergine, alla quale G-L dedica tutti i suoi libri, non è mai assente. Discepolo di san Louis-Marie Grignion de Montfort, del quale amava commentare il Trattato della vera devozione e il Segreto di Maria, egli sa bene che non si può esporre, quale è nell'eterno disegno del Padre e nella sua realizzazione nella pienezza dei tempi, il mistero del Salvatore senza riconoscere a sua Madre il posto che Dio le ha assegnato.
Mantenendo costante nella sua vita di teologo una sorta di analogia tra le fasi della sua devozione mariana e le tre età della vita spirituale, egli intitola un suo libro alla Madonna: La Madre del Salvatore e la nostra vita interiore. In esso considera Maria nella sua maternità divina, ragion d'essere di tutte le sue altre prerogative, nella pienezza di grazia: all'inizio, al momento dell'Incarnazione, alla fine della sua vita terrena, come Madre celeste di tutti gli uomini, Mediatrice universale presso il Mediatore, Regina di misericordia. In questa luce sono spiegate la consacrazione a Maria, l'unione mistica con Lei, la consacrazione del genere umano al suo Cuore Immacolato.
1.5. Soltanto Dio visto faccia a faccia può colmare le profondità dell'anima che ha creato capace di Lui. G-L aveva scritto troppo sulla vita della grazia come pienezza della vita eterna per non completare il suo insegnamento con uno studio della vita gloriosa. L'altra vita e la profondità dell'anima evoca in primo luogo questa profondità che rende l'anima capace di Dio, poi la morte e il giudizio, l'Inferno o l'eterna perdizione per sempre, il Purgatorio o la vita eterna ardentemente desiderata, e infine il Cielo, pienezza di Vita.
1.6. I trattati in lingua latina per i sacerdoti espongono in modalità molto tradizionale la spiritualità sacerdotale e la mettono in guarda contro i pericoli attuali, tanto più gravi quanto più ci si rifiuta di riconoscerli come tali. Per lui, la percezione delle esigenze dei nostri tempi non debbono far misconoscere le esigenze perenni.
G-L non ha altro che meditato l'assoluta gratuità della grazia. Il grande pensiero di sant'Agostino, che il Concilio di Trento fa proprio: «Nam Deus impossibilia non jubet, sed jubendo monet, et facere quod possis, et petere quod non possis» (De natura et gratia 43,50), «et adjuvat ut possis» (sess. 6, De justificatione, cap. 11), fu il suo Leitmotiv. Egli rinviene nella contemplazione di queste somme verità la realizzazione e la confidenza che non saprebbero scaturire dalla sola speculazione teologica. La sua dottrina è chiara e ampia, il suo linguaggio semplice e poco smanioso di finezze letterarie; egli aveva il dono di mettere a disposizione degli spiriti la dottrina spirituale alla quale si rifà. G-L fu più preoccupato di una visione d'insieme e di sintesi che dell'erudizione storica o esegetica, come pure delle edizioni critiche; fu meno attento alle sfumature di pensiero che premurato di riconoscere e proclamare, talvolta un po' frettolosamente, la loro concordanza. Egli ha grandemente contribuito alla rinascita della teologia spirituale; il suo nome viene associato a quello del carmelitano scalzo Gabriel de Sainte-Marie-Madeleine († 1953) e del gesuita Joseph de Guibert († 1942) che hanno vissuto preoccupati degli stessi problemi spirituali.